La “Nuova Aquileia”...il ritorno delle aquile
Aquila di mare e cornacchia grigia B. Dentesani 14/02/2012
Ben due specie diverse di aquila osservati contemporaneamente alla Riserva
Con la persistente e fortissima bora e il gran freddo dell’inizio di febbraio varie specie di uccelli che in precedenza non erano presenti o che erano meno numerose sono state osservate nelle aree della Riserva naturale della Foce dell’Isonzo e, in particolare, all' Isola della Cona e dintorni, ma anche nell’area di Valle Cavanata.
Sono nettamente aumentate, ad esempio, le osservazioni di quattrocchi e pesciaiole che, fino a gennaio, sono state alquanto scarse, mentre si segnala una insolita abbondanza di beccacce, non di rado visibili in pieno giorno, mentre tentavano di alimentarsi sul terreno gelato, apparentemente senza successo.Beccaccia M. Buda 6/02/2012 Fossalon
Il numero delle oche, in particolare, è nettamente aumentato, anche se questi uccelli dimostrano, specie dopo l’improvviso calo della bora avvenuto lunedì 13 febbraio, una notevole irrequietezza. Vari stormi, anche consistenti di oche lombardelle sono stati osservati in volo ad esempio nelle più svariate zone e persino posate e in alimentazione sull’arido Carso (C. Calligaris).
Nelle aree delle riserve naturali citate e nei campi circostanti si valutano presenti attualmente, grosso modo, oltre 3500 soggetti di oche, in prevalenza grigie e lombardelle. Tra queste ultime si segnala ancora almeno una oca collorosso, quattro oche lombardelle minori, ormai da considerarsi svernanti, e sei oche granaiole. Tra queste ultime sono state nuovamente individuate, di recente, da Silvano Candotto che effettua i censimenti ed i monitoraggi per la Riserva della Foce Isonzo, anche le due cosiddette "oche di Sushkin", ovvero i due soggetti di Anser fabalis – confronta serrirostris – rossicus, con parti chiare del becco e zampe di colore rosa anziché arancio.
Aquila di mare e cornacchia grigia B. Dentesani 14/02/2012
Forse la cosa più notevole per la eccezionalità dell’evento è tuttavia la comparsa, verificata il 14 febbraio, di ben due esemplari di aquila osservati quasi contemporaneamente ed appartenenti però a due specie diverse e ben differenziate: Aquila di mare, segnalata e documentata per primo da Bruno Dentesani (osservata anche oggi, 15 febbraio), e Aquila reale, osservata e fotografata da Adriano Sgubin.
Aquila reale A. Sgubin 14/02/2012 Canale Brancolo
Mentre la prima è stata vista più volte andare e venire grosso modo lungo il corso dell’Isonzo e sul canale della Quarantìa, la seconda si trovava inizialmente posata su un albero lungo il canale del Brancolo, in prossimità dell’accesso per l’Isola della Cona. Osservando attentamente le immagini, nel secondo caso, si nota che il tarso sinistro dell’animale è abbondantemente imbrattato di sangue, evidente conseguenza di una recente predazione.
Aquila reale A. Sgubin 14/02/2012 Canale Brancolo
Ambedue queste specie, come è noto, erano già state osservate nella zona in passato, ma mai contemporaneamente. Si tratta di un episodio di notevole interesse, che prelude a una possibile, graduale, ricolonizzazione dei territori isontini in particolare da parte dell’Aquila di mare, specie assai rara o del tutto assente nell’Europa occidentale ed estinta da oltre cinquant’anni come nidificante in Italia, sebbene si riproduca nella vicina Slovenia a non più di 70 km in linea d’aria.
Aquila reale A. Sgubin 14/02/2012 Canale Brancolo
Aquila reale A. Sgubin 14/02/2012 Canale Brancolo
Aquileia...l'origine del nome
La ripetuta osservazione di esemplari appartenenti alle due specie di grandi rapaci (Aquila reale ed Aquila di mare) avvalora l’ipotesi,già a suo tempo formulata (Perco et al., 2006), che il nome di "Aquileia" sia stato attribuito alla famosa città-colonia, fondata ovvero “dedotta” dai Romani nel 181 a.C., non soltanto per assonanza con un preesistente toponimo celtico, o forse paleo-veneto, (secondo alcuni: Aquis), legato alla presenza di acque abbondanti.
Non è infatti difficile credere che 2000 anni fa nelle vaste aree paludose, appena a nord della costa e della laguna, questi uccelli (e non solo questi, ovviamente) fossero estremamente e, forse, eccezionalmente comuni.
I Romani avevano come simbolo delle loro legioni appunto un’aquila e sembra interessante comprendere, in modo più dettagliato, il significato di tale vocabolo. “Aquilus” in lingua latina è in origine aggettivo, col significato di (colore) bruno scuro. “Avis aquila” ha perciò il significato di un uccello di colore scuro e, di conseguenza, l’aggettivo sostantivato “Aquila” diventa sinonimo, all’incirca, di tutti i grandi rapaci, la cui posizione tassonomica ovviamente sfuggiva alla maggior parte, se non a tutti, gli abitanti dell’epoca.
E’ però verosimile, come sostenuto da Benasso (Benasso & Perco, 1985), che l’Aquila per antonomasia venisse dagli antichi identificata nella specie che, allo stato attuale, viene chiamata Avoltoio monaco (o, più modernamente: Avvoltoio monaco) –Aegypius monachus- per la colorazione bruno scuro del mantello ma anche per la caratteristica “chierica” che contraddistingue questi uccelli.
Avvoltoio monaco N. Perco (Spagna 2010)
Era infatti questa la specie che, più di altre, accompagnava e talora precedeva gli eserciti in marcia, segnalando con la propria presenza un futuro di guerra, di probabile sconfitta e di morte, per chiunque avesse l’ardore di opporsi e resistere.
Nel lessico popolare il termine “aquila” è col tempo (e con il non trascurabile aiuto dell’araldica) divenuto sinonimo di “grande uccello bruno”, in modo tale da comprendere la maggior parte dei rapaci di maggiori dimensioni.
Se vogliamo l’esatto opposto del popolare LBJ (Little Brown Jobs) attribuito dai birdwatchers anglosassoni a tutta la vasta gamma di piccoli uccelli scuri, semi nascosti tra la vegetazione, che non sempre è facile (o possibile) determinare con certezza sul campo.
Nicoletta e Fabio Perco