I numerosi frequentatori della Foce dell’Isonzo, all’interno dell’omonima Riserva naturale, hanno ormai da anni l’occasione di ammirare la notevole presenza di un grande stormo di candidi cigni, ben visibili anche a grande distanza. Si tratta attualmente di circa 835 soggetti, contati proprio durante l'ultimo censimento mensile della SBIC (Stazione Biologica Isola Cona) di martedì 1 novembre. E' probabile che il notevole aumento dello stormo sia dovuto ai soggetti provenienti dal nord-est Europa (Polonia soprattutto, ma anche da aree ben più lontane del Baltico) con la migrazione post-riproduttiva che ha il suo picco in autunno.
I numerosi frequentatori della Foce dell’Isonzo, all’interno dell’omonima Riserva naturale, hanno ormai da anni l’occasione di ammirare la notevole presenza di un grande stormo di candidi cigni, ben visibili anche a grande distanza.
Si tratta attualmente di circa 835 soggetti, contati proprio durante l'ultimo censimento mensile della SBIC (Stazione Biologica Isola Cona) di martedì 1 novembre. E' probabile che il notevole aumento dello stormo sia dovuto ai soggetti provenienti dal nord-est Europa (Polonia soprattutto, ma anche da aree ben più lontane del Baltico) con la migrazione post-riproduttiva che ha il suo picco in autunno.
La specie presente è il “Cigno reale” (Cygnus olor), cui tuttavia si aggiungono pochi esemplari dell’esotico e inconfondibile Cigno nero (Cygnus atratus), originario dell’Australia e talora presente con soggetti fuggiti alla cattività in varie zone d’Italia ed ormai del tutto indipendenti. Il Cigno “reale” è così chiamato a memoria della antica tradizione britannica, dove la proprietà di questi preziosi animali era riservata ai regnanti ed … alla loro tavola!
E’ specie di origini settentrionali e transalpine, che tuttavia frequenta anche il Mediterraneo, spingendosi ben più a sud di altri cigni (Cigno selvatico e Cigno minore: che da noi arrivano solo raramente e negli inverni più rigidi), raggiungendo anche le coste siciliane e del Nord-Africa in inverno. Allevato comunemente in cattività per il suo aspetto decorativo il “nostro” cigno è stato oggetto di rilasci nell’Alto Adriatico (specie nel Veneto) ed altrove, allo scopo di favorirne la presenza, un tempo assai scarsa anche a causa dei frequenti abbattimenti.
La comparsa nell’Adriatico di tale specie era infatti, prima degli anni 80’, irregolare e legata al periodo invernale con soggetti provenienti dall’Europa centrale e nord – orientale, mentre nel meridione italiano giungono talora individui o piccoli stormi prevalentemente provenienti dal Mar Nero. Nella zona costiera del Veneto e Friuli Venezia Giulia la popolazione, anche nidificante, è incrementata notevolmente negli ultimi 20 anni, specialmente in conseguenza della tutela legale (ratificata nel 1977), cosa che non ha mancato di suscitare entusiasmo tra gli ambientalisti, ma anche qualche preoccupazione, specie a seguito delle lamentele da parte del mondo venatorio e dei pescatori. Si tratta infatti di un anatide di grandi dimensioni che, almeno teoricamente, potrebbe avere un impatto negativo sulla biologia di altri uccelli acquatici e forse di alcuni pesci, in particolare nell’utilizzo della risorsa alimentare.
La Stazione Biologica Isola della Cona (SBIC) ed il Dipartimento di Scienze della Vita dell’Università degli Studi di Trieste hanno pertanto portato a termine un approfondito studio volto ad analizzare la consistenza e le dinamiche della popolazione e gli eventuali effetti dell’alimentazione di questi affascinanti, sebbene ingombranti, ospiti sulle praterie di “fanerogame marine”: quelle piante subacquee che i non esperti erroneamente definiscono “alghe”.
I censimenti mensili che da decenni vengono regolarmente condotti nella Riserva naturale Foce Isonzo e dintorni hanno evidenziato un’alta variabilità stagionale. Il maggior numero di individui si registra, infatti, durante l’inverno e nella fase di muta delle penne, appunto in estate; minori sono invece le presenze in primavera, nel periodo riproduttivo, quando le coppie localmente nidificanti si distribuiscono su aree ben più vaste cercando di appropriarsi di stagni, laghetti e corsi d’acqua anche lontano dalla costa. Gli studi condotti hanno dimostrato che le coppie nidificanti nelle aree costiere producono pochi giovani in quanto la maggior parte viene predata dai gabbiani (“reali” anch’essi ed estremamente numerosi e aggressivi).
Dall’analisi degli spostamenti di oltre 300 individui marcati alla foce Isonzo con collari numerati è emersa una struttura di popolazione eterogenea, costituita all’incirca per metà da individui più o meno sedentari, per una frazione variabile ma abbastanza bassa da giovani nati nell’anno, mentre gli individui erratici, che si spostano anche su lunghissime distanze grazie al loro potente e “rumoroso” volo (reso tale da una intaccatura delle più lunghe penne remiganti i cigni reali emettono un caratteristico e “affascinante” suono mentre si spostano nell’aria), assommano a circa un terzo della popolazione.
Nonostante il notevole incremento lo studio non ha evidenziato per ora danni alle praterie sommerse, dove il grande stormo di cigni condivide la risorsa alimentare con molte altre specie, tra le quali in particolare decine di migliaia di fischioni (anatre localmente note col termine veneto di “ciossi”) che giungono dalle lontane aree di riproduzione del nordest per svernare nel Mediterraneo.