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Numerose ipotesi sono state formulate per spiegare l’origine del titolo della famosa opera di Marco Polo (1254 – 1324) che, come è noto, racconta le varie peripezie dell’autore nel corso dei suoi lunghi viaggi e della permanenza nella attuale Cina.



Quelle più note sembrano tuttavia alquanto fantasiose e, per alcuni versi, poco attendibili; sia pur riconoscendo che nel caso specifico la difficoltà posta anche dalla tradizione di versioni in lingue diverse, rende l’impresa di ricostruire il significato del titolo particolarmente ardua.

Una spiegazione tra le più frequenti è quella che si rifà a un ipotetico soprannome della famiglia Polo, nota nel Veneziano – secondo alcuni – come “Emilioni”, dal nome di un avo di nome Emilio (M. Ciccuto, 2018) dalla notevole corporatura.
Altra versione diffusa è quella relativa alla grande quantità di notizie e informazioni, che alcuni ritennero non sempre attendibili e “favolose”, ovvero frutto di fantasia, contenute nell’opera di Polo, effettivamente composta da un “milione” di storie (Trombetta – Panigadi, 1982) che all’epoca a molti dovettero apparire stupefacenti.
Sembra che possa aver influito, sulle varie interpretazioni, particolarmente quella divulgata dal Ramusio, Giovan Battista Ramusio (1485 – 1557) di Treviso, fu diplomatico, geografo e scrittore della Repubblica di Venezia. Ha lasciato vari scritti e commenti al Milione di M. Polo.) curatore del più diffuso testo poliano, detto anche “ottimo” o “della Crusca”. Secondo questo autorevole commentatore che, peraltro, visse due secoli dopo M. Polo, nel XVI secolo, il nomignolo di “Milione” sarebbe stato affibbiato a Marco Polo (e poi all’intera famiglia) dagli ironici Veneziani, a causa anche dei frequenti riferimenti a questa cifra, riportata per meglio descrivere la ricchezza del Gran Khan ed altre simili meraviglie. 

- E perché nel continuo raccontare ch’egli faceva più e più volte della grandezza del gran Cane, dicendo l’entrate di quello esser da 10 in 15 milioni d’oro, e cosi di molte altre ricchezze di quelli paesi riferiva tutte a milioni, gli posero per cognome messer Marco detto Milioni… (citazione da Ramusio nel capitolo: “Il Nome Milione”, nella introduzione di Ranieri Allulli all’opera di Polo, 1956). 

D’altro canto, è forse poco noto che tra le tante versioni di quest’opera a noi giunte, solo un numero molto limitato recava il titolo de il “Milione”. Le altre portando titoli quali: Le Divasament dou monde ovvero De mirabilibus mundi. Nell’edizione recentemente pubblicata nell’ambito della Biblioteca Universale Rizzoli (B.U.R.), commentata da Ciccuto & Manganelli (2018, ristampa integrata del 1981), sono citate quasi quaranta edizioni “antiche” e non meno di una ventina di versioni più “moderne”. Allulli (l.c.) afferma l’esistenza di oltre 150 versioni, la cui fedeltà all’originale è ignota. Tra queste solo un numero molto limitato porta il titolo de “Il Milione”, in prevalenza relative ad opere pubblicate in lingua italiana. 
Come è noto la versione originaria, da Marco Polo dettata all’estensore Rustichello (o Rustico) da Pisa, durante (sembra) la prigionia a Genova, è invece andata perduta. Tale versione è stata trascritta e comunque largamente adattata da Rustichello nella lingua d’oeil, un misto di francese antico e di italiano in voga all’epoca nella composizione di opere letterarie.
Sono invece giunte a noi una numerosa serie di versioni successive, pubblicate in varie lingue e raramente del tutto tra loro coincidenti, frutto di interpolazioni, opera di trascrittori o traduttori.

Versione “ornitologica”

Di recente, il compianto Gianpiero Del Mastro - Calvetti, appassionato di falconeria e di testi storici, ha fatto ristampare un numero limitato di copie anastatiche dell’opera scritta da M. Francesco Sforzino da Carcano e pubblicata nel 1568 col titolo “De Gli Uccelli Da Rapina” a “Vinegia” (Venezia), appresso Gabriel Giolito De Ferrari. Leggendo attentamente questo lavoro, come lo stesso Del Mastro rileva nella presentazione, si fa più volte riferimento a una categoria di falconi, apparentemente all’epoca ben nota ed utilizzata da personalità particolarmente abbienti e in grado di sostenere i costi non trascurabili di acquisto e di importazione. Si tratta peraltro di veri e propri falconi utilizzati per la caccia e citati, appunto, come “Milioni”.
Dalla descrizione dello Sforzino, che appare anche piuttosto dettagliata e attendibile su varie specie di rapaci allora e oggi ben note, sembra di poter identificare il “Milione”, termine poi del tutto abbandonato anche nel gergo dei falconieri, come una particolare forma del Falcone Sacro (Falco cherrug) o, in senso lato, dello stesso Girfalco (Falco rusticolus), specie tra loro simili ma piuttosto variabili per quanto riguarda il piumaggio e perciò ancora oggi oggetto di discussione a livello sistematico e tassonomico (Falco biarmicus, F. jugger, F. rusticolus, F. cherrug, F. mexicanus possono essere annoverati in una unica “superspecie”). Si trattava (e tutt’ora si tratta) di rapaci alquanto pregiati nell’ambiente dei falconieri per le dimensioni, l’aspetto e le doti predatorie; anche accanto alla difficoltà, e costi, nel procurare qualche esemplare dalle remote regioni dove tali uccelli sono di norma residenti. Sembra che il “Milione”, se interpretato come una forma del Girfalco o del Sacro, possa infatti identificarsi con la sottospecie Falco cherrug altaicus (Menzbier, 1891 https://en.wikipedia.org/wiki/Altai_falcon ; Del Hoyo et al.,1994; Brown & Amadon, 1989.), nella rara forma rossiccia, che potrebbe forse ricordare le tinte dominanti nel Nibbio reale (Milvus milvus). Girfalchi e falconi sacri venivano (e lo sono tutt’ora nella falconeria araba – Upton, 2002) utilizzati prevalentemente nel “volo a vista” o “di getto” (ovvero direttamente dal pugno del falconiere verso una preda) e non addestrati a salire “a monte”, come si usa in genere per il Falcone pellegrino. Esaminando attentamente la descrizione dello Sforzino, tuttavia, anche altre specie di rapaci potrebbero essere identificate col Milione. Una ipotesi potrebbe essere a favore di esemplari appartenenti al genere Hieraaetus. Hieraaetus fasciatus (Aquila del Bonelli; per alcuni: Aquila fasciata) ad esempio, corrisponde in particolare a due definizioni: dimensioni maggiori del Girfalco e “gambe pellose”, ovvero tarsi piumati, sicuramente non presenti nel genere Falco.
Meno spiegabile è la precisazione relativa al colore degli occhi, da Sforzino definito nero e le tinte generali del piumaggio, che dovrebbero essere rossicce. Le giovani Aquile del Bonelli, dall’iride bruna, tuttavia, potrebbero rispondere abbastanza bene a tale sommaria descrizione, come forse anche altre specie del genere Hieraaetus.
Se consideriamo la rilevanza della sezione dedicata alla falconeria da Marco Polo, accanto alla descrizione delle regali cacce organizzate dal suo ospite, Kublai (Cublai, Cubilai o Qubilai) Khan, che non lesinava certo mezzi e denaro per effettuarle, la scelta del “Milione” come titolo non appare fuori luogo e, anzi, potrebbe esser stata adottata proprio al fine di sottolineare la rilevanza che la “ars venandi cum avibus”, per Federico II ed il figlio Manfredi Hohenstaufen, “di Svevia” mantenne per secoli nel mondo e nell’Italia del passato; anche quale simbolo di potere e status sociale.
Alcuni esempi in italiano moderno (da Trombetta – Panigadi, l.c.):

- Parlando della Georgia, ai piedi del Caucaso, Polo così si esprime: “hanno dei falconi da caccia che sono tra i migliori che esistano…”.
- Regno di Kerman (attuale Iran): “Sulle montagne nascono i più veloci falchi da caccia che esistano al mondo, più piccoli dei falchi pellegrini”
- Spicca la descrizione della grande spedizione di caccia (anche con l’impiego di ghepardi, aquile ecc.) organizzata annualmente dal “Gran Cane”, alias Gran Khan: “Egli porta con sé non meno di diecimila falconieri e cinquecento tra girfalchi, falchi pellegrini e falconi persiani; e anche un gran numero di astori per cacciare gli uccelli lungo i fiumi”.
- Inoltre: “Quando il Gran Khan va a caccia con i suoi falconi, si fa accompagnare da non meno di diecimila uomini…”
- Parlando di Giava: “e (ci sono) anche dei falchi neri, addestrati per la caccia”.

Il termine “Milione” deriva presumibilmente dal latino Milvus (col significato di “Grande Milvus”), in quanto lo stesso Sforzino a pag. 74 del suo lavoro ricorda che potevano essere utilizzati anche nella cattura degli stessi nibbi, nominati: “Milioni dalla coda forcuta” (Boyer & Planiol, 1948, ricordano che il “volo al Nibbio” dovette essere relativamente diffuso tra l’elite degli appassionati. “Au XVII siècle, Louis XIII les chassait au vol autour dee Paris, ramenant vivants ceux qui n’ètaient pas trop abimès et se plaisant a les remettre en libertè par les fenêtres du Louvre”).

Le citazioni dello Sforzino

Poiché l’opera dello Sforzino e la intuizione di Gianpiero Del Mastro rischiavano di rimanere appannaggio di pochi è sembrato utile presentare tanto alla comunità scientifico – ornitologica, che a un più vasto pubblico, formato da storici e filologi, questa originale interpretazione, fondata non tanto su fantasiose ipotesi quanto su fatti concreti.



Lo Sforzino cita nella sua opera il “Milione” numerose volte, annoverandolo tra i rapaci particolarmente indicati per la falconeria, come ad esempio dove elenca le varie specie, poi descritte con maggiore dettaglio, ponendo i Milioni al secondo posto in ordine di rilevanza, dopo le “Aquile”:

- … è’ primieramente da sapere che di tutti questi tali uccelli, per quanto se ne ha cognizione, sono nove specie, cioè Aquile, Milioni, Girifalchi, Falconi, Smerli, è Smerigli, Astorelli, Astori, Sparivieri e Regestole falconiere (le averle), se bene questi sono uccelli di poca stima…(omissis) Vi è il Milione eccellentissimo uccello, il quale tiene del Falcone, come si dirà. (Pagg.1,2,3, Libro I, Cap. primo)
- DEL MILIONE “Il Milione, è altre sì bellissimo uccello, e poco maggiore del Girifalco, ha la testa come il peregrin Falcone, Gli occhi neri, la becchiera grossa, Ha nel petto, e in tutta la parte di nanzi maglie nere, e lunghe in campo rosso, a guisa di abraggiato Astore, La coperta rossa, Le ali longhe, i cortelli larghi, La coda longa, e Sacrata, Le gambe pellose, La mano grande, e l’unghie parimente grandi, Le dita longhe, e sottili, come i Falconi peregrini, Si uccellano di getto, come i Girifalchi; i terzuoli loro sono pregiati assai”. (Pag. 26, Libro I, Cap.XII).
- DELL’UCCELLAR I GIRIFALCHI E I MILIONI “Ora parmi che dobbiamo dire, (se ben con poche parole) qualche cosa del Girifalco e del Milione li quali sono della medesima natura con li suddetti Falconi … Questa caccia s’usa per lo più solamente da gran Signori, e Principi, onde di questa più non parlerò, per non hauerne prattica molta” (Pag. 75, Libro I, Cap. XLIIII).

Può essere interessante sottolineare, d’altro canto, che i numerosi commentatori dell’opera del Polo potrebbero aver trascurato le tesi sopra riportate a causa dell’abbandono in lingua italiana del termine di cui si tratta (riferito a una specie ignota in occidente) e visto anche che, nelle loro glosse, appare abbastanza evidente una scarsa conoscenza della complessa “arte della falconeria” e del relativo gergo.
Ne sia prova la citazione delle cacce “a riviera” che da alcuni commentatori di Polo (ad es. il Tiberii) viene attribuita spesso, sia pur a livello di ipotesi, all’impiego di cormorani, addestrati in realtà in oriente per la pesca e non certo per la cattura di uccelli o mammiferi.
Lo stesso Sforzino, infatti, dedica diversi riferimenti a tale tipo di caccia, praticato comunque con falconi nella cattura di anatre o altre specie tipiche delle zone umide (Sforzino, l.c. Libro primo: Del metter il Falcon alla riviera”, pagg. 51 e 52, Dante Alighieri nella Divina Commedia (Inferno, XXIL) riporta la seguente similitudine: Non altrimenti l’anitra di botto/ Quando il falcon s’appressa giù s’attuffa / Ed ei ritorna su crucciato e rotto. A dimostrazione che all’epoca, in assenza di armi moderne, la falconeria in genere e questo tipo di caccia “alla riviera” in particolare erano popolari e ben note, anche ai “non specialisti”.).

Ringraziamento

E’gradita l’occasione per ricordare la figura e l’opera di Giampiero Del Mastro – Calvetti; l’amico sempre attento ad ogni collegamento storico - culturale con l’antica arte della falconeria; esercitata con dedizione per una intera esistenza, peraltro nella ferma convinzione di doverla mantenere a un livello elitario, per non scadere, come purtroppo spesso avviene attualmente, in una attività praticata da troppe persone non sufficientemente sensibili e preparate.

Un particolare ringraziamento a Franco Musi e Umberto Sarcinelli, che mi hanno permesso di consultare alcune edizioni de il “Milione”, in lingua italiana.


Fabio Perco
Stazione Biologica Isola Cona
Dicembre 2018



BIBLIOGRAFIA

Boyer A. & Planiol M., 1948. Traitè de Fauconnerie et Autourserie. Payot – Paris.

Brown L. & Amadon D. 1989. Eagles, Hawks and Falcons of the world. The Wellfleet Press.

Del Hoyo J., Elliot A., Sargatal J., (eds) 1994. Handbook of the Birds of the World - Volume 2. Lynx edition.

Hohenstaufen F. & M., 1270 (circa). De arte venandi cum avibus. Ed. 2007 a cura di Trombetti – Budriesi L. Laterza.

Polo M. 1954. Ristampa del 1956, curata da Ranieri Allulli. Mondadori.

Polo M. 1981. Ristampa del 2018 curata da M. Ciccuto e G. Manganelli. B.U.R.

Sforzino Da Carcano. M. F., 1568. De Gli Uccelli Da Rapina. Vinegia, G. Giolito De Ferrari. Ristampa a cura di Del Mastro – Calvetti G. – C.I.C. (Conseil International de la Chasse).

Trombetta - Panigadi G., 1982. Marco Polo: Il Milione. Mondadori Int. Upton R., 2002. Arab falconry. Hancock House Publisher.

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